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C.so V. Emanuele 10/12, Crotone
C.so V. Emanuele 10/12, Crotone

L’antica città di Kroton, nota come Cotrone sin dal periodo svevo, è stata interessata, nel corso dei secoli, dalla medesima evoluzione amministrativa dell’assetto organizzativo del Regno di Napoli. Dalle forme dell’amministrazione bizantina, alla ripartizioneterritoriale stabilita con i giustizierati di età normanno-sveva, il governo della città ha subito gli avvicendamenti legati al periodo feudale, da cui si è affrancata col tempo, grazie alla demanialità regia riconosciutagli per la sua fedeltà e, soprattutto, per l’importanza rivestita dalla città dal punto di vista strategico difensivo. Nell’epoca rinascimentale, la città era divisa in ceti: i Nobili, gli Honorati, i Plebei, ed era amministrata dai sindaci e dagli eletti del ceto nobile e del ceto popolare.

La comunità cittadina era chiamata “Università”, nel significato latino di “universus personarum o universus civium”, ed era intesa nel senso giuridico di organizzazione di persone, munita di personalità giuridica, e capace quindi di essere punto di riferimento unitario di situazioni giuridiche. Anche la carica di sindaco non aveva il significato attuale di capo dell’amministrazione comunale, ma rassomigliava piuttosto ad un ruolo di funzionario pubblico e, infatti poteva essere attribuita a più persone insieme, limitatamente ad alcuni affari particolari o con compiti di ambasceria (“sindacus ad aliquam rem”). L’Università, cui era affidata l’attività amministrativa, era retta da un organismo che potrebbe essere assimilato alla moderna giunta comunale, composto, per la parte dei Nobili, da un Sindaco, da un Mastrogiurato, e da tre Eletti. Il General Parlamento, che corrispondeva al Consiglio comunale, era convocato “ad pulsum campanae”. La votazione circa le proposte risolutive dei vari problemi e relative alle nomine, avveniva a voto segreto, ponendo nell’apposita urna una biglia bianca o nera, che indicava se il voto era favorevole o contrario.

La presenza di Sindaco ed Eletti dei ceti popolari non deve trarre in inganno e far pensare ad una gestione democratica della vita amministrativa cittadina. Nell’epoca in cui a Napoli e in molto altri centri sorsero i Seggi della Nobiltà, anche a Cotrone, le famiglie del ceto nobiliare diedero vita al Seggio di S. Dionigi Aeropagita. Se pe i nobili le sole persone eleggibili erano i membri delle famiglie iscritte al Seggio, per il ceto popolare, la situazione era diversa: così riporta il Nola Molise: “Dico anco un’altra prerogativa antica di questa città, perchè il Sindaco ed Eletti, che in altre città vengono dette del Popolo, in questa sono detti dell’Honorati, fra i quali vi sono famiglie, che per più di duecento anni hanno vissuto nobilmente senza far arte veruna, vivendo delle loro entrate, come tutti li nobili del Seggio, ma perchè non l’è stato permesso di entrare in quello, sono stati forzati ad esercitar sempre l’officjj pubbliche popolari”. Ed aggiunge: “Vi sono ancora molte altre famiglie, che non godendo al Seggio, nè meno si sono mischiati nel governo popolare, perchè godendo forse nobiltà in quelle città, donde sono venuti, ancorchè accasati in questa città, forse con persone nobili del Seggio, e non ancora aggregati, non hanno voluto perciò intromettersi in officio di governo pubblico popolare, per non pregiudicarsi”. All’inizio dell’Ottocento, il Comune inizia ad essere inteso nell’accezione moderna di comunità locale con propria amministrazione, retto dal Decurionato, rappresentato dal Sindaco. Sia il Sindaco che i Decurioni erano scelti dal potere esecutivo in una lista di eleggibili, formata da coloro che avevano un reddito elevato ed erano
nominati dal re. Accanto al Sindaco, svolgevano le loro funzioni il 1° e il 2° eletto nominati all’interno del Decurionato, che discuteva i problemi locali concernenti la gestione del Comune e faceva proposte
all’Intendente, una specie di Prefetto, che era il capo dell’amministrazione civile e finanziaria della Provincia Calabria Ultra II.
A seguito del plebiscito popolare del 1860, con cui la città viene annessa al Regno d’Italia, inizia una nuova fase che, pur mantenendo di massima la ripartizione preunitaria dell’amministrazione borbonica, conferma Cotrone come importante centro urbano con potere amministrativo di livello sub-regionale nella Provincia di Calabria Ultra II, pur continuando ancora ad essere chiuso tra le fortificazioni di cittadella militare, con
appena 7.168 abitanti. Solo nel 1865 il Comune riesce ad ottenere il decreto che stabilisce la fine delle servitù
militari. Con l’assetto post-unitario, si acquisisce, pian piano una nuova configurazione amministrativa, con la proposizione di un modello più prossimo a quello attuale. Nel 1928, la città, chiamata Cotrone dal periodo svevo, riassume il nome di Crotone e, con decreto del 2 febbraio 1938, il capo del Governo le attribuisce il titolo di Città.

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